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martedì 2 dicembre 2014

Storia della pubblicità

Pochi giorni fa Dindi ha pubblicato un post sulla pubblicità, inserendo una sequenza di immagini pubblicitarie vintage molto belle ed esprimendo il suo rammarico, del tutto condivisibile, per il linguaggio pubblicitario attuale, spesso incomprensibile e astruso.

Per una curiosa coincidenza negli stessi giorni mi è capitato tra le mani il numero di febbraio di Focus , che dedica alla pubblicità e alla sua storia un intero dossier. Leggendolo mi sono resa conto di quanto si sia trasformata nel tempo questa attività e dell'enorme potere che la stessa , alleandosi con tecnologia, arte e scienza, riesce ad esercitare nelle nostre abitudini di vita.

Non voglio fare qui una replica del dossier - sarebbe praticamente impossibile - ma vorrei riportare alcune curiosità incontrate qua e là che mi sembrano interessanti e/o divertenti.

Sembra proprio che la storia della pubblicità sia nata all'ombra del Vesuvio nel 79 d.C., con un graffito su un muro sopravvissuto fino a noi:" A Nocera, presso Porta Romana, nel quartiere di Venere, chiedi di Novella Primigenia." Era l'annuncio di una donna di piacere: la prostituzione e la pubblicità, hanno commentato alcuni storici maliziosi, sono i mestieri più antichi del mondo e beneficiano uno dell'altro.

In realtà la pubblicità è frutto dei progressi tecnologici, in particolare della stampa a caratteri mobili che portò nel '600 alla nascita dei primi giornali, ma per i primi annunci dei prodotti bisognava aspettare un'altra tappa tecnologica: la rivoluzione industriale.
Gli imprenditori avevano bisogno di raccomandare le proprie merci a persone che non avrebbero mai incontrato di persona e le ditte dovevano essere riconoscibili e capaci di creare un rapporto di fiducia a distanza. Ecco allora gli annunci più disparati su giornali , volantini e poster.
In Francia nella seconda metà dell'Ottocento proprio sui poster e grazie alla litografia che consentiva l'impiego di colori più vivaci e alte qualità di stampa, si celebrò il matrimonio tra pubblicità e arte.




Jules Chéret e Toulouse- Lautrec furono tra gli artisti che pubblicizzarono i cabaret come il Moulin Rouge e Les Folies- Bergère.

In Inghilterra nel 1886 Thomas Barratt, manager del sapone Pears, comprò per 2.500 sterline un quadro di John Everett Millais, intitolato Bubbles.





Nel quadro era ritratto un bambino che guardava incantato una bolla galleggiante sulla sua testa. Barratt vi aggiunse il nome della marca e lo slogan "Buon mattino. Hai usato il sapone Pears ?".L'immagine diventò il logo dell'azienda.

Presto ci si accorse che uno slogan efficace non bastava: i clienti dovevano essere colpiti da immagini.
La fabbrica Hathaway confezionava camicie da 114 anni in una piccola città del Maine, ma negli USA non la conosceva nessuno. Così i suoi titolari si rivolsero a Davis Ogilvy, che aveva un'agenzia pubblicitaria a New York. Ogilvy scelse come modello un affascinante barone russo coi baffi, George Wrangell, che avrebbe dato un'esclusività snob a quagli abiti provinciali. Ma non bastava. Ogilvy si ricordò di una foto che l'aveva colpito: l'ambasciatore Lewis Williams Douglas con una benda sull'occhio, ferito durante una battuta di pesca. Ogilvy comprò una benda per occhi da un dollaro e mezzo, e la fece indossare a Wrangell.





Di quell'immagine di pirata parlarono le principali riviste e le camicie Hathaway diventarono le più vendute al mondo.

Oltre all'arte, la pubblicità trovò presto una grande alleata nella scienza per approfondire la conoscenza del proprio mercato di riferimento. Nasceva il marketing. Con le ricerche di mercato si studiavano il prodotto, i concorrenti, ma anche l'atteggiamento degli acquirenti, dunque sociologia e psicologia.
Nel corso degli anni inoltre erano aumentati i mezzi di comunicazione disponibili, il cinema , la fotografia , la radio e la televisione. 

Grande successo nella promozione commerciale riscontrò l'invenzione di personaggi fantasiosi , che entrarono a far parte dell'immaginario collettivo.



 Le lozioni abbronzanti della Coppertone furono inventate da un farmacista di New York nel 1944. Per anni la pubblicità della crema fu il profilo di un capo pellerossa, con lo slogan: "Non essere un viso pallido". Nel 1953 l'azienda decise di voltare pagina, ma senza puntare sulle solite bellezze in costume. Scelse l'immagine di una bimba che mostrava la differenza di abbronzatura tra la schiena e il sedere, per merito di un cocker spaniel, che le abbassava il costume.
La bimba usata come modella era Robyn Porter, la figlia del disegnatore del poster, Pete Porter. Negli anni l'immagine è stata più volte aggiornata, anche con spot televisivi: uno di questi ha segnato l'esordio come attrice di Jody Foster all'età di 3 anni.





All'inizio si chiamava monsieur Bibendum. Era stato creato alla fine dell'800 dal disegnatore francese Marius Rossillon per pubblicizzare una birreria di Monaco di Baviera con il verso di Orazio "Nunc est bibendum". Il dipinto, un uomo imponente che reggeva un calice di birra, era stato però rifiutato dal committente. Nel 1896, quando Edouard e André Michelin lo videro, chiesero a Rossillon di sostituire quella persona con un pupazzo di pneumatici; anni prima, all'Expo di Lione, avevano notato una pila di pneumatici che sembrava un uomo senza braccia. Così nacque il poster dell'uomo-gomma che reggeva un bicchiere pieno di sassi, in un brindisi con lo slogan: "Lo pneumatico Michelin si beve l'ostacolo." Da allora l'uomo Michelin rappresenta l'azienda in 150 paesi ed è uno dei simboli della pubblicità più longevi di tutti i tempi.




Correva l'anno 1954 e la Philip Morris, gigante del tabacco, aveva appena introdotto le sigarette col filtro, nel tentativo di compensarne gli effetti nocivi. Ma aveva un problema : fin dalla loro nascita le Malboro erano considerate sigarette per donne, e la Philip Morris voleva allargare il mercato agli uomini per competere con la Camel. La strategia, semplice quanto efficace, fu trovata dal pubblicitario Leo Burnett: dopo un week end nella sua fattoria di famiglia, tornò alla sua agenzia pubblicitaria brandendo una rivista con un cow-boy in copertina : "Conoscete qualcosa di più virile di un cow-boy?" Così fu lanciata una campagna con un cow-boy intitolata "The sheriff" e le Malboro divennero le più vendute al mondo.

Anche a casa nostra la pubblicità entrava sempre più nelle case e nel costume, dai "comunicati commerciali" che sentivo da bambina alla radio all'appuntamento quotidiano con Carosello in tv. Personaggi come l'omino coi baffi, il pulcino Calimero, Carmencita, Mastrolindo e mille altri , accompagnati da slogan indelebili nella nostra mente, ci hanno accompagnato per anni e resteranno sempre lì a tenerci compagnia anche se nel frattempo il linguaggio della pubblicità è cambiato completamente.

Alle soglie del terzo millennio anche l'economia è cambiata, passando dal mercato di massa degli anni 50-70, al mercato frammentato degli anni 80-90, fino al mercato personalizzato, fatto non più di masse ma di individui, sempre più selettivi, esigenti e disincantati.
La pubblicità deve ora confrontarsi con l'ultima invenzione tecnologica : il web. 

Il dossier di Focus si addentra ora in questa nuova dimensione  e nella sua incessante evoluzione e iniziano per me le prime difficoltà di comprensione.
Banner personalizzati, pannelli interattivi, messaggi pubblicitari "conversazionali", Big Data, formati nativi...... qualcosa mi dice che sto entrando in un campo minato.
Raccontare diventa impossibile perchè il presente è già futuro e io sento una gran voglia di tornare alle certezze del passato.
La mia storia della pubblicità finisce qui. 





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